Sezione 02 - La fortuna del vedutismo: la messa in scena della natura
La fortuna del genere del paesaggio entro l’800 è sostenuta soprattutto dalla borghesia delle imprese e dei commerci che si andava affermando come cardine e protagonista del mercato dell’arte. Presente anche nell’insegnamento accademico fin dal secondo quarto del secolo, la pittura rivisitava i moduli compositivi del paesaggio classico del Seicento e del vedutismo settecentesco, innestandovi spunti ispirati alle istanze del romanticismo europeo, focalizzate sul processo di trasfigurazione della natura come fonte di sentimenti individuali e collettivi. Questo momento è testimoniato da un piccolo nucleo di dipinti di autori operanti su tutto il territorio italiano, dal piemontese D’Azeglio al veneto Canella, dal fiorentino d’adozione Markò al napoletano Gigante, fino al lombardo Mancini che è ponte con le più avanzate istanze veriste.